
L’invecchiamento, per secoli, è stato giudicato in un’ottica essenzialmente negativa, come un processo di perdite irreversibili delle capacità acquisite durante la vita precedente. Tale visione negativa è tuttora diffusa nell’opinione comune quando si parla della salute dell’anziano. Ma i grandi progressi della vita sociale nel secolo scorso quali l’alimentazione più ricca, le migliori condizioni economiche, il progresso della medicina e dei servizi sanitari, hanno cambiato radicalmente il modo di invecchiare e allungato la giovinezza.
Per gli uomini l’aspettativa media alla nascita è infatti di 78 anni e per la donna di 83 anni e mezzo; chi arriva ai 65 anni, soglia convenzionale della senescenza, può contare su un’ulteriore speranza di vita di 16 anni per gli uomini e di ben 20 anni per le donne. Questo lungo orizzonte che sta di fronte agli anziani è diventato oggi una prospettiva di vita attiva.
Nella grande maggioranza dei casi infatti l’invecchiamento avviene in condizioni di buona salute. Basta infatti guardarsi intorno, durante la vita di tutti i giorni, per apprezzare questa rigogliosa crescita di anziani attivi e vivaci. Nei negozi, nelle città, sui mezzi di trasporto, e ancora nei circoli ricreativi, nei teatri, nelle sale da ballo, gli anziani sono sempre più numerosi, ormai prevalenti in molti settori della vita sociale.
Accanto a questi aspetti ampiamente positivi, l’invecchiamento si associa, inevitabilmente, a qualche risvolto negativo. È stato calcolato infatti che fra gli anziani ultraottantenni ben il 70% presenta due o più malattie croniche, le quali possono provocare una riduzione della capacità di compiere le attività necessarie alla vita quotidiana ed indurre disabilità. Alcuni anziani non riescono ad esempio ad assumere da soli i farmaci loro prescritti e a spostarsi autonomamente al di fuori dalla propria abitazione. Altri ancora hanno disabilità più gravi quali l’incapacità a lavarsi e vestirsi da soli. È stato calcolato che della totalità degli ultrasessantacinquenni, circa il 10% ha una qualche forma di disabilità. Negli ultra ottantacinquenni questa percentuale sale al 30%.
La disabilità è quindi una condizione di estrema importanza che bisogna prevenire, al pari della cura delle malattie costituendo un fattore capace di mettere a dura prova l’organizzazione assistenziale. Per il paziente geriatrico è necessaria una rete costituita da diversi “nodi” o modalità assistenziali, la cosiddetta “rete dei servizi geriatrici”, fra loro strettamente correlate, a differente intensità di intervento, per tutelare l’instabile equilibrio dell’anziano. Questi servizi devono essere non solo sanitari ma anche di tipo sociale, prevalentemente diffusi sul territorio e finalizzati a tenere il più a lungo possibile l’anziano al proprio domicilio.
Nella prevenzione della disabilità assume un’estrema importanza l’ambiente in cui si vive, il mantenersi sempre attivi sia culturalmente che fisicamente. A questo proposito è curioso notare che in Italia la più alta vita media degli uomini è nella provincia di Firenze mentre quella più bassa si registra nella provincia di Sondrio, dove sono presenti paesaggi intatti ed aria pura. Alla luce dei vari fattori di rischio (basti pensare allo smog), questo dato epidemiologico non è spiegabile. Va segnalato inoltre come dal 30 al 50% degli anziani affermano di sentirsi bene e svolgere vita attiva, anche se affetti da due o più malattie. La salute dell’anziano non dipende solo dalle malattie ma risente di molteplici fattori. Il compito dei medici non deve per questo limitarsi a curare la malattia, ma deve valutare ed intervenire sull’individuo nella sua globalità, dall’ambiente in cui vive, alle condizioni economiche ed alla sua la rete sociale.